giovedì 26 marzo 2009

Ritorno al porto

Mentre Lomo mi inquietava le orecchie, nel buio, avvolto tra pieghe ormai calde di una coperta, sentivo come un soffio d'aria fresca tra i capelli. Ma la finestra era chiusa.

Risveglio incerto stamattina, troppe cose nella testa, troppo poco propense a lasciarsi afferrare. Una giornata grigia, discorsi soliti, qualche novità di poco conto. Poi, sul tram verde immerso dentro a un primo pomeriggio soleggiato e ventoso, l'incontro con l'incompetenza di un controllore canuto che decide, in cuor suo, che sia meglio chiedermi un documento e compilare con precisione quasi maniacale, mista a un malcelato sadismo, una simpatica contravvenzione, piuttosto che lasciarmi il tempo di trovare il biglietto, finito in una tasca del portafogli che nemmeno sapevo di avere. Non mi preoccupano i soldi, figuriamoci, qualche film al cinema in meno. Ma la mia buona fede, quella sì.

La notte è diversa, per fortuna. Si avvicina un nuovo weekend, sempre alla ricerca di emozioni nuove: l'interrogativo invariato, arriveranno oppure no? L'ultimo sabato non è stato usuale, devo ammetterlo. Mattina breve e assonnata, pomeriggio violento e rassicurante, serata allucinata e adrenalinica. Proprio quello che ci voleva per smorzare malumori accumulati e affrontare quelli venturi. Un pezzo strumentale mi parla con logorrea e prolissità, molto più di quanto possa fare un brano punk o rap, mentre ripercorro discussioni surreali e immagino processi mentali che forse non mi è concesso di capire fino in fondo. Mi chiedo, al di là di tutto, il motivo per cui io sia stato colpito duramente e spento definitivamente, proprio da chi mai avrei avuto il coraggio di sospettare. E mi consolo, spiando ancora una volta emozioni in comune col carnefice, perché non sono l'unico ad aver perso, anzi, forse non sono nemmeno quello che a conti fatti perderà di più. Che bello.

E' mia la guerra, è mia la resa?

1 commento:

Asha Sysley ha detto...

E' la tua guerra e la tua resa. La vita è così. Si passa a lottare gran parte della vita cercando di mandare il destino dove noi vogliamo. Corriamo una settimana per aspettare un Week End che possa calmarci o darci quelle emozioni che tanto ci sono mancate all'interno della settimana, vuota, piena di lavoro e solitudine in mezzo alla gente.
Sto aspettando che finisce questa giornata scandita da orari, appuntamenti e impegni. La sera stancamente avrà il suo decorso e mi addormenterò abbracciata a ciò che di più caro ora ho vicino.
Sabato mi lascerò portare dove vorranno, in una assoluta accondiscendenza di intenti e parole. Farò quello che desiderano, come un robot programmato solo per quello. Tornerò lievemente alla mia vita in pochi secondi della giornata per poi riassopirmi ancora nel loro delirio.
Questa è resa. La resa è quando smetti di lottare durante la settimana e ogni giorno ti sembra solo un altro giorno, fatto di orari, impegni e dedizioni. Nessuna di queste l'hai scelta tu, te l'hanno calata addosso come un vestito vecchio che sanno che ti sta a pennello. E ora gioco a farmi vestire come una bambola di pezza che non conosce la ribellione.
Dentro di me il mio cuore sospira anche se ha rallentato i suoi battiti, sta calmando il mio ego e il mio essere, la malattia sta continuando a prendere piede.
L'accidia fa di me l'essere che mai avrei pensato di divenire. Quello stato senile che all'imbrunire ti porta a guardare per l'ultima volta le stelle e ad avere la voglia di raggiungerle.
Qualcuno diceva: "Morire dormire ... dormire forse sognare"